Ciao! Mi chiamo Mohamed Habibu, che in arabo significa “amore”.
Sono nato nella regione più a sud del Senegal, la Casamance. Ho perso mio padre quando ero molto piccolo e allora mia madre, di origini gambiane, mi ha portato con lei in Gambia dove ho frequentato la scuola inglese e poi quella coranica.
Da ragazzo mio zio senegalese è venuto a prendermi per riportarmi nel paese in cui sono nato.
Nella Casamance la situazione è difficile: dopo la rivoluzione le truppe di combattenti ribelli si sono trasformate in bande di criminali che attaccano luoghi e persone, che ti obbligano ad arruolarti nell’armata e se rifiuti ti uccidono e creano problemi alla tua famiglia.
Io non volevo essere coinvolto tra i ribelli, dunque sono fuggito.
In Gambia non potevo tornare: non c’è libertà di parola, di movimento, non c’è giustizia.
Nel 2013 ho lasciato il Senegal.
Ho vissuto tre mesi in Mali, da cui sono partito con un amico attraversando il Burkina Faso e il Niger fino ad arrivare in Libia. Qui il mio amico è stato ucciso.
Ho cominciato a lavorare a Tripoli come muratore. Ero determinato a lasciare la Libia; dopo aver accumulato un po’ di denaro e con l’aiuto economico di un uomo arabo conosciuto a Tripoli di nome Abdullaye, mi sono imbarcato per l’Italia.
Il viaggio è durato tre giorni. Siamo partiti di lunedì, un giorno che non potrò mai dimenticare. Sulla nave eravamo più di novanta. Continuavo a pregare di vedere la terra. Il terzo giorno ci hanno salvati e siamo sbarcati in Sicilia.
Sono stato trasferito al nord, ad Alessandria. Qui ho cominciato a fare da mediatore per l’accoglienza dei nuovi richiedenti asilo che continuano ad arrivare.
Traduco, servo i pasti, ascolto le persone che arrivano.
Da quando sono arrivato qui ho incontrato delle persone buone che sorridendomi mi hanno accolto e dato un’opportunità. Come ringraziare per tutto questo? Dando il mio aiuto dove serve e con quello che so fare.
E’ molto importante dare il proprio contributo alla società. Dobbiamo rialzarci e aiutarci a vicenda!
Mi piacerebbe stabilirmi in Italia e studiare. Innanzitutto l’italiano, e poi sempre di più: “for the education, sky is the limit!”
Mi piacerebbe far parte di quelle persone che lavorano per il mondo; vorrei lavorare non per me, ma per gli altri.
Per saperne di più:
Il Senegal in lotta contro se stesso: il conflitto in Casamance