Ancora una volta ci ritroviamo per ricordare la Shoah, ma la necessità di conservare la memoria dell’eccidio più clamoroso della Storia contemporanea ci spinge a porci una domanda: che lezione ci ha lasciato la Shoah? Vogliamo trovare una risposta e proviamo a farlo attraverso le parole di Hannah Arendt.. Nel suo saggio “La banalità del male” pubblicò il resoconto del processo Eichmann, tenente colonnello che aveva ricoperto un importante ruolo nella sezione IV B4 dell’ufficio centrale della sicurezza del terzo Reich . Eichmann era stato pure il responsabile dell’organizzazione del trasferimento degli Ebrei verso i campi di concentramento e di sterminio.
La Arendt analizza le azioni e i metodi di chi perpetrò tale orribile male sottolineando che “ le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso” . Eichmann viene visto come un uomo comune, caratterizzato proprio dalla sua banale normalità e superficialità, una normalità che la Arendt definisce sconvolgente, se rapportata alle atrocità da lui commesse. In Eichmann la Arendt non scorgeva stupidità ma solo una tremenda incapacità di pensare. Egli agiva nella cieca obbedienza degli ordini. Non fu il solo, in ogni caso a muoversi in questa cieca normalità, la maggior parte dei tedeschi agì con normalità “mostruosa”, nell’esecuzione disciplinata, indiscussa e indiscutibile di quello che risulterà il “ più grande male” perpetrato nella Storia. Se questa Storia, come tutta la Storia è “magistra vitae” che lezione possiamo dire di averne tratto?
Possiamo cogliere una relazione, un nesso, una consequenzialità tra lo sterminio degli Ebrei, voluto dal regime nazista, e i problemi del mondo attuale? E’ giusto usare la Shoah per riflette sui mali moderni? Reputiamo che la Shoah non debba rimanere un evento intoccabile se, naturalmente si fa un uso coretto della comparazione della Storia. Luoghi e tempi sono mutati ma atteggiamenti segregazionistici e discriminatori continuano a persistere in tante parti della terra. Dovendo, però, circoscrivere l’argomento e soffermarci alle problematiche a noi più vicine,quanto meno nel senso spaziale del termine, non possiamo non riconoscere che viviamo cambiamenti epocali in cui il vecchio Occidente si trova vittima dei suoi stessi mali, uno tra tutti l’indifferenza. Pensiamo all’accoglienza riservata ai migrantiafricani considerati, molto spesso, come “untermensch” cioè “sottouomini”, il termine con cui i nazisti definivano gli Ebrei. Spogliandoli della loro dignità umana, diminuivano la gravità dei loro crimini e li giustificavano. “Untermensch” sono per tanti occidentali uomini, donne e bambini che fuggendo da guerre e atrocità si ritrovano abbandonati tra i flutti di quel mare che per loro era una speranza e che per tanti è divenuto una bara; vittime innanzi tutto di snaturati mercanti e della non sempre efficiente, se non maldestra, accoglienza europea.
Pensiamo alle condizioni di vita degli stessi migranti sopravvissuti al viaggio e, spesso costretti a subire discriminazioni di ogni genere. A confondere un po’ le idee sulla necessità di soccorrere, accogliere ed integrare fra di noi, fratelli provenienti da culture diverse, contribuiscono vicende internazionali legate al terrorismo di stampo islamico fondamentalista.
Il male continua a persistere, i recenti fatti di Parigi, patria della cultura illuminista e patria dei principi di libertà, uguaglianza e fratellanza,hanno sconvolto il comune sentire. L’unanime e giusta difesa della libertà d’opinione ha indotto tanti a semplificare: nero, islamico, terrorismo, pericolo. Comprensibile la paura, il sentirsi all’improvviso obiettivo sensibile ma inaccettabile l’atteggiamento di chiusura e di respingimento come strumento di difesa. Il terrorismo esiste, è un problema serissimo da affrontare, nessun Dio può essere motivo di tanta inaudita violenza, ma questi gesti estremi e folli, non possono essere causa di razzismo ed emarginazione.
Forse questi atti orribili sono figli proprio di quella indifferenza che sta distruggendo pian piano la civiltà occidentale?
La questione è complessa e merita ben altra disamina, ciò che siamo chiamati a fare, noi “illuminati” occidentali è di non cedere all’odio e al razzismo anche di fronte a tali barbari atti.
Il male assoluto perpetrato dal regime nazista è stato fatto conoscere agli occhi del mondo solo dopo la guerra, oggi il male assoluto è l’indifferenza, tutti gli atti che essa genera, razzismo, sofferenza, segregazione sono immediatamente e ossessivamente immagini sconcertanti, ma non scuotono le coscienze. Provocano un massmediologico scalpore, un temporaneo orrore, per precipitare subito dopo in un baratro d’ indifferenza. Per concludere possiamo chiederci:
La Shoah ci ha lasciato una lezione? Possiamo servircene per riflettere sui mali moderni?
Forse si, Hannah Arendt ha messo in risalto la banalità del male e ha sottolineato l’assoluta indifferenza con cui esso è stato perpetrato .Se vogliamo superare il male, occorre abbattere l’indifferenza. Sì! la Shoah deve essere richiamata per migliorarci, non possiamo più permetterci di essere tutti degli Eichmann.
di Pierluigi Tumminelli