“Il vademecum sulle vulnerabilità del Ministero dell’Interno, elaborato insieme agli attori che fanno parte dell’accoglienza nei luoghi di sbarco dei migranti, ha consentito di codificare l’esperienza in modo che sia trasposta nei luoghi di destinazione. Le situazioni complesse, infatti, non terminano con il riconoscimento dello status di rifugiato”. Francesco Farina, viceprefetto aggiunto e dirigente dell’area Tutela dei diritti civili, cittadinanza e immigrazione, ha introdotto il secondo Tavolo di lavoro sugli interventi per il miglioramento delle modalità di identificazione, emersione e supporto alla presa in carico sociale, psicosociale e sanitaria di cittadini stranieri con vulnerabilità.
“Il Ministero ha chiesto di istituire un tavolo di lavoro. Alle equipe dei centri di accoglienza è richiesta l’attenzione a prevenire le vulnerabilità e a rilevare i problemi. Il lavoro nei centri di accoglienza non è più visto come emergenza ma è strutturale” ha spiegato Farina.
La squadra è stata attivata nell’ambito del progetto Agoral 3 dalla Prefettura di Alessandria, in collaborazione con l’associazione Cambalache, ed è composta da tre psicologi, un’assistente sociale, un’educatrice e una mediatrice linguistica e culturale. Il progetto si estende da maggio 2024 a giugno 2025.
Elisa Domanico, psicologa psicoterapeuta che ha il ruolo di supervisione e coordinamento tecnico-scientifico dell’equipe multidisciplinare a supporto dei Cas provinciali, ha illustrato la conclusione del primo ciclo di lavoro.
La fase di osservazione prevede la rilevazione precoce di eventuali stati di vulnerabilità tra gli ospiti adulti accolti nei Cas attraverso il questionario Protect, uno strumento di screening validato a livello europeo somministrato dagli operatori dell’accoglienza.
Il counseling consente di raccogliere le osservazioni degli operatori, rilevare gli interventi già in atto e identificare casi a rischio su cui attivare l’equipe di progetto. Le interviste con gli enti si tengono nella sede dei Cas o all’associazione Cambalache. I colloqui con l’operatore di riferimento e con il/la beneficiario/a consentono di individuare le aree su cui poter intervenire e allargare l’indagine a una dimensione non solo psicologica.
In questo primo ciclo sono stati osservati 973 ospiti su circa 1.200 persone in accoglienza a maggio 2024 (81 per cento) che abbiano almeno 15 anni e siano inseriti da almeno 60 giorni. Di questi per il 66 per cento (643 persone) è stato valutato un rischio basso, per il 30 per cento (291) un rischio medio e per il 4 per cento (39) un rischio elevato.
“Pensi spesso agli eventi dolorosi del tuo passato?” e “Ti senti spesso spaventato o preoccupato?” sono le domande che hanno ottenuto le percentuali maggiori di risposte positive (57 e 42 per cento).
Gli psicologi Giulia Rainoni e Davide Novarese, che collaborano al progetto, hanno osservato come la conoscenza dei beneficiari da parte degli operatori sia stata importante per contestualizzare le risposte.
Per il counseling sono state effettuate 15 interviste con 12 enti gestori. Questa fase ha consentito la contestualizzazione risultati emersi dai Protect, l’incontro e la condivisione con le diverse equipe, la supervisione dei casi ed è stata un’occasione di confronto per operatori dello stesso Cas. Gli operatori hanno portato alla luce casi di rischio basso ma da attenzionare.
Sono stati effettuati 32 assessment che hanno permesso di indagare diverse dimensioni di vita del beneficiario, approfondire aspetti non solo di tipo psicologico, sollevare i beneficiario dalla rievocazione di ricordi traumatici. La presa in carico ha riguardato 23 persone, altre 4 persone sono state indirizzate ai servizi sanitari. L’intervento dell’equipe AgorAl3 non può essere attuato nel caso in cui si verifichino progetti suicidari nell’immediato futuro o gravi problematiche relative a disturbi mentali, neurologici o legati ad abuso di sostanze (psicosi, dipendenze da alcool/droga, ritardo mentale, demenza).
Da novembre inizia la seconda fase che si concluderà a giugno 2025.
Iris Scaramozzino, funzionaria assistente sociale della Prefettura e responsabile del progetto, ha ricordato che “i gestori dei Cas sono attori fondamentali del sistema di accoglienza alessandrino. Ormai siamo usciti dalla fase emergenziale. Scopo del progetto è anche quello di facilitare i rapporti con altri attori del territorio”.
In conclusione è intervenuto il dottor Paolo Casamento, direttore della Struttura Complessa di Salute Mentale dell’Asl Al.
“Gli operatori sanitari devono dare assistenza a tutte le persone. Il Centro di Salute Mentale è un servizio ad accesso diretto. Chi ha difficoltà legate al disturbo psichico nei Cas può accedere ai servizi programmabili, all’intervento emergenziale o al ricovero ospedaliero. Sul territorio provinciale esistono sei centri”. Il dottore ha sottolineato l’importanza della tecnica per comunicare: “il sistema giuridico-sanitario può sembrare incomprensibile a un migrante. Va speso del tempo per riuscire a rappresentare il sistema. Spesso si fatica a fare diagnosi per persone che hanno alle spalle discriminazioni e violenza. Diventa difficile capire dove inizia la patologia mentale. La reazione a condizioni estreme come viaggi che durano anni o naufragi complica il problema diagnostico”.