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Giulia Penna – avvocata, referente sportello legale Cambalache

Mi chiamo Giulia Penna, sono avvocata, ho studiato Giurisprudenza a Genova, laureandomi nel 2012 e iniziando subito dopo la pratica forense. Ottenuta l’abilitazione ho iniziato a collaborare con un collega che si occupava di diritto dell’immigrazione ad Alessandria e mi sono specializzata nella tutela legale delle persone richiedenti asilo. Mi occupo anche di diritto civile, contratti, recupero crediti, diritto di famiglia e tutela delle persone vulnerabili. 

Collaboro con Cambalache dal 2017, prima come consulente esterna, da due anni in maniera più strutturata. In particolare, grazie al progetto FORTE Insieme siamo riuscite a dare continuità allo sportello di tutela legale per cittadini stranieri, tramite cui offriamo supporto e orientamento per pratiche amministrative o giuridiche. Nel corso del progetto, durante il periodo di attività dello sportello, sono stata a disposizione due ore a settimana, il giovedì pomeriggio, per incontrare utenti stranieri con necessità di varia natura. Gli appuntamenti vengono fissati dopo un primo colloquio con l’assistente sociale di Cambalache. Si tratta di consulenza varia: supporto per pratiche amministrative in questura o prefettura, oppure pratiche giuridiche vere e proprie, come ricorsi verso provvedimenti negativi. In questo caso, dopo una prima informativa generale appunto tramite lo sportello, prendo in carica la persona per un percorso studiato ad hoc. 

Il mio non è un lavoro semplice. Talvolta mi devo scontrare con la realtà e la cosa che mi spaventa di più è dover dire alla persona che ho di fronte che purtroppo non c’è nulla da fare. Purtroppo a volte succede, anche perché attualmente le leggi sul diritto di immigrazione in Italia sono molto stringenti:  o si imposta il percorso di regolarizzazione in maniera corretta fin dall’inizio, oppure una volta arrivati qui diventa difficile trovare una strada effettiva. Altro problema è dato dai tempi lunghi delle pubbliche amministrazioni, per cui capita che pratiche anche semplici, che dovrebbero venir smaltite in modo quasi automatico, impiegano mesi per essere sciolte e risolte. 

 Ricordo ad esempio il recente caso di un ragazzo del Gambia che si è rivolto allo sportello. Aveva fatto una prima domanda di protezione internazionale che non era andata a buon fine, anche perché era stato mal consigliato, non aveva seguito le procedure corrette. Quindi si è presentato allo sportello per chiedere cosa fare. Abbiamo suggerito di presentare una nuova domanda, la cosiddetta “reiterata” che ha un iter più complicato. Gli abbiamo impostato le memorie da presentare e, dopo il primo consueto rigetto dalla commissione territoriale di Catania, abbiamo fatto ricorso, sempre a Catania. Il ragazzo aspettava il rinnovo del permesso di soggiorno, pratica automatica per i richiedenti asilo, per essere inserito in un progetto di borsa lavoro. Ma i documenti non arrivavano e il tempo passava, nonostante l’invio di diverse pec da parte nostra. Alla fine ha deciso di partire e andare fino in Sicilia, presentandosi di persona in Questura, senza alcuna garanzia della buona riuscita. Ma per fortuna, una volta sbloccata la situazione, ha ricevuto il permesso di soggiorno dalla Questura di Alessandria. Una vicenda molto emblematica di come a volte la vita delle persone è soggetta a violazioni assurde e attese estenuanti, anche per motivi burocratici.

Se penso alla mia professione, dico che credo fermamente nel ruolo dell’avvocato come professionista al servizio delle persone, in difesa dei loro diritti, a prescindere da provenienza, etnia, genere, orientamento religioso, politico o sessuale. E io ho scelto di lavorare e impegnarmi in un ambito in cui la violazione dei diritti è molto frequente. 

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