Lavorare sul corpo per attivarlo e fargli riprendere sicurezza. Lavorare con il corpo per liberarlo, per affrontare il trauma, per creare canali di sintonizzazione con le persone vicine. Skill Me UP! – il progetto lanciato da Cambalache e rivolto a rifugiati e richiedenti asilo con vulnerabilità psicologica – segue anche questa strada. Tra i percorsi di riabilitazione psicosociale, nelle scorse settimane ne sono stati sperimentati due con particolare afferenza alla dimensione corporea, benché da diversi punti di vista. Da una parte la danza – o meglio espressività corporea – grazie alla psicoterapeuta Sara Bosatra, dall’altra la corsa, un training condotto dal medico Luca Blesi che ha portato alcuni ragazzi ad avvicinarsi per la prima volta al mondo del running.
“Il laboratorio che abbiamo tenuto – spiega Bosatra – si basa sui principi della movimento terapia secondo il metodo di Art Therapy Italiana e dell’istituto di Psicoterapia Espressiva (Bologna) per lavorare sui correlati corporei legati al trauma. Quest’ultimo riguarda le esperienze fisiche e non che possono aver messo in pericolo di vita la persona, alterando la sua esperienza emotiva. Il corpo ne resta segnato e il nostro percorso ha cercato di lavorare per far riacquisire ai partecipanti un senso di sicurezza e una capacità di autoregolazione degli stati corporei ed emotivi”. Negli incontri si è lavorato sull’affiliazione, il senso del gruppo, l’appartenenza, per capire che nessuno di noi è solo. I partecipanti hanno avuto modo di sperimentare il rispecchiamento, per favorire la relazione empatica, e una serie di altre forme di comunicazione non verbale, per entrare in relazione con gli altri. “I ragazzi – uomini e donne – hanno imparato a liberare la tensione, ad alleggerirsi, a sentire il proprio corpo, in termini di forza e radicamento”. Benché non sia stato facile coinvolgere numerosi partecipanti, il percorso è stato positivo e ha dato buoni frutti in termini di rivalutazione del sé.
Così come ha fatto il training di corsa tenuto da Luca Blesi, medico in Rianimazione all’Ospedale di Alessandria, che ha coinvolto un gruppo di ragazzi ad allenarsi sui classici itinerari dei runner alessandrini, gli argini, la zona degli Orti. Un percorso sportivo, ma soprattutto di contatto umano. “La corsa ti permette di sentirti libero e sereno, di abbattere le maschere, ti fa sentire l’aria addosso e ti fa staccare la testa. Correre insieme poi è ancora meglio, uno affianco all’altro, si condivide molto, anche senza bisogno per forza di parlare”, spiega Blesi, che per Skill Me UP! ha tenuto anche corsi di primo soccorso ed educazione sessuale. A correre al suo fianco alcuni ragazzi di origine africana, il più assiduo dei quali è Mamadu, vent’anni, del Gambia. “Abbiamo iniziato con un piccolo gruppetto. Pensavo di dover affrontare una fase più lunga di preparazione con i ragazzi, invece tutti correvano già molto forte”. Luca e Mamadu hanno debuttato alla StrAlessandria, il 10 maggio, ma non si vogliono fermare. L’obiettivo è continuare ad allenarsi e accedere a nuove manifestazioni agonistiche nei mesi estivi.
Nel frattempo il progetto Skill Me UP! prosegue. Il 20 maggio ha preso il via l’ultimo percorso di riabilitazione psicosociale: il laboratorio settimanale di disegno, promosso in sinergia con l’Associazione “Il Tiretto”, che si concentrerà sull’utilizzo di alcune tecniche tradizionali delle arti visive e durante il quale l’arte diventerà un mezzo di traduzione in un linguaggio non verbale di ciò che può essere difficile o doloroso esprimere a parole. Parallelamente continuano le attività rivolte agli operatori dei centri di accoglienza, come gli incontri del Focus Group condotti dagli esperti del Centro Migranti Marco Cavallo sulla correlazione tra migranti e disagio mentale.