“Sappiamo che il cambiamento climatico è colpa dell’Uomo. Io dico che questa è una buona notizia dopotutto, al contrario di quello che si possa pensare. Perché se fosse stato per cause naturali, estrinseche all’Uomo, non avremmo potuto fare niente. Invece, avendolo causato noi, sappiamo anche come poterlo fermare in tempo”, spiega Antonello Pasini, fisico del CNR, uno degli esperti che in The Climate Limbo aiuta a comprende la connessione tra cambiamenti climatici e azione umana. Un’azione sempre più incisiva, che agisce sull’ecosistema globale, dove i processi di cambiamento ambientale a lungo termine ed eventi naturali improvvisi e in rapida evoluzione si relazionano con le abitudini e i comportamenti delle società occidentali, capaci di avere effetti sulle vite degli abitanti di tutto il mondo.
In questo contesto si inseriscono le storie raccontate nel documentario. Quelle dei migranti, in fuga dalle proprie terre devastate e impossibili da vivere e per cui ancora è difficile ottenere un riconoscimento di protezione internazionale, e quelle degli agricoltori e allevatori italiani sul cui lavoro influiscono sempre di più i cambiamenti del clima. “Chi vuole costruire muri intorno all’Italia – spiega Anna Brambilla, avvocata, una vita dedicata ai diritti dei migranti – deve ricordarsi dov’è geograficamente il nostro Paese. L’Italia è nel Mediterraneo, un’area fortemente interessata dal cambiamento climatico. Quei muri che vogliamo costruire è possibile che un giorno siano i nostri figli a doverli superare”.
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