Chi fugge da una situazione incompatibile con un’esistenza dignitosa e intraprende un viaggio della speranza che si trasforma in lotta per la sopravvivenza porta segni indelebili, sia sul fisico che nell’anima.
A confermarlo non sono solo i racconti e le cicatrici sui corpi degli uomini e delle donne che abbiamo accolto in questi anni ad Alessandria, ma anche i numeri raccolti da Medici Senza Frontiere in un report sui disturbi psicologici di cui soffrono rifugiati e richiedenti asilo. Dalla ricerca condotta nel 2014 è emerso che oltre il 60% dei migranti soffre di ansia, depressione e disturbo da stress post traumatico. (Fonte: Traumi Ignorati- MSF).
La lentezza degli iter burocratici per la richiesta d’asilo, che impedisce di progettare il proprio futuro, insieme alla solitudine e all’emarginazione a cui spesso i migranti sono destinati nella nostra società rischiano di riacutizzare i sintomi di quei disturbi, ostacolando la loro inclusione sociale e lavorativa.
Con il sostegno della Fondazione SociAL , Cambalache intende dare una risposta concreta a chi soffre il disagio e a tutti i soggetti, enti gestori e servizi pubblici, coinvolti nei percorsi di accoglienza e sostegno con un lavoro di ricerca finalizzato all’analisi della situazione sul territorio e alla sperimentazione di percorsi riabilitativi innovativi.
In linea con quanto richiesto dal Ministero della Salute, per camminare su questo terreno ancora inesplorato l’associazione ha messo insieme un’equipe multidisciplinare che, in partnership con gli esperti di psicologia e psichiatria transculturale del Centro Migranti Marco Cavallo di Torino, avrà il compito di sviluppare e condividere con gli addetti ai lavori strumenti operativi per la prevenzione della problematica, a partire dal riconoscimento dei fattori di rischio, e la gestione delle situazioni critiche in modo coordinato e integrato con il territorio, coinvolgendo i servizi sanitari pubblici, i dipartimenti di salute mentale, ma anche il tessuto associativo locale.
Un servizio di counseling “a domicilio” e uno sportello di ascolto per operatori dell’accoglienza saranno gli strumenti di cui l’equipe di lavoro si doterà per promuovere l’applicazione delle linee guida e attivare percorsi riabilitativi sperimentali che prevedono l’uso della musica e del disegno come strumenti per elaborare esperienze dolorose; la riqualificazione professionale come motore di integrazione e riscatto personale; l’attenzione alla cura di sé per stimolare la partecipazione sociale o ancora le tecniche di espressione corporea per superare le barriere linguistiche e del blocco traumatico.
Con “Skill me Up!” la riabilitazione di un soggetto vulnerabile passa attraverso il suo coinvolgimento attivo in attività pratiche e laboratoriali condotte da una rete di professionisti provenienti dal mondo del profit e del no profit, dal Centro Umanistico al Conservatorio Vivaldi di Alessandria, da Nuova Coop alla Fattoria Sociale “Elilu” di Castelnuovo Scrivia.
Anche le associazioni e le realtà culturali e ricreative sul territorio sono una risorsa che “Skill me up!” intende mettere in rete, stimolando una maggior capacità di attenzione verso le persone più fragili e facilitando l’incontro tra la domanda e l’offerta di percorsi partecipativi e di crescita personale e collettiva che aiutino i migranti ad uscire dall’isolamento con il sostegno di una comunità più aperta e inclusiva.
“Skill me up!” ha lo scopo di elaborare e condividere strategie per promuovere il dialogo tra i vari servizi per identificare le azioni più efficaci e ottimizzare le risorse disponibili. Un valigia, insomma, che si riempie di strumenti per evitare che i soggetti più vulnerabili siano lasciati soli, ai margini della società che li ha accolti.
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