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“Hate Speech e libertà di espressione” – Convegno ASGI – #nohatespeech

Nella giornata di venerdì 9 ottobre Cambalache ha partecipato al convegno “Hate speech e libertà di espressione”, organizzato dall’ASGI presso l’Università degli Studi di Milano. Il tema della giornata di formazione sono stati l’hate speech, o discorso d’odio, gli atteggiamenti xenofobi online e offline, e le misure di contrasto e prevenzione adeguate.

Tema molto delicato, perchè interessa il sottile confine fra libertà di espressione e censura, riguarda la soglia oltre la quale il semplice disaccordo diventa punibile, e concerne le parole che creano danni contingenti come violenza e atteggiamenti discriminatori.

Si è approfondito il tema dell’hate speech online, e di come l’odio generi profitto: i commenti sotto gli articoli di giornale online, in cui predomina una discussione violenta, aumentano i click; più discussioni a margine ci sono, più il gestore del sito aumenta i profitti. L’hate speech è favorito dal potere diffusivo della rete e dalla persistenza dell’informazione che internet trasporta. Inoltre online l’odio è trasversale: l’hate speech è presente anche in siti web non creati appositamente per diffondere l’odio, come quelli delle principali testate giornalistiche, oppure su Facebook. E’ preoccupante l’aumento del livello di accettazione e tolleranza del discorso d’odio riscontrata fra le giovani generazioni, per le quali sembra quasi che l’espressione d’odio sia la normalità, considerata socialmente accettabile e di cui vengono percepite sempre meno l’offensività e la gravità. Inoltre il discorso d’odio non è presente solo sul web, ma anche sui giornali stampati e in politica.

L’hate speech in ogni sua forma ha gravi conseguenze quali la discriminazione, la violenza, l’esclusione. Gli strumenti di contrasto dei discorsi d’odio agiscono quando l’hate speech ha già avuto delle conseguenze. Uno degli strumenti è proprio il diritto penale, di cui durante il convegno si è sottolineata la debolezza nel contrastare e soprattutto prevenire l‘hate speech, se non accompagnato da un lavoro di mediazione, sensibilizzazione ed educazione.

Il tema caldo di questo periodo, quello della migrazione, è oggetto privilegiato dei discorsi d’odio. Vi è nei media un’insistenza su tutto ciò che qualifica l’immigrazione in Europa (e soprattutto in Italia) come problema. Il tono di voce è allarmistico ed emergenziale. Vi è un uso diffuso dei differenziali “noi” e “loro”. Gli stranieri sono presentati come soggetti passivi che ricevono servizi, mentre sono considerati soggetti attivi solo per quanto riguarda le attività illegali. I fatti vengono pubblicati sui giornali solo se fanno notizia, ovvero quando confermano uno stereotipo diffuso. A questo proposito, nella prevenzione dell’hate speech è attiva l’Associazione Carta di Roma, nata per dare attuazione al protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione.

In Italia e in Europa sono numerosi i progetti volti a dare strumenti ai singoli, agli enti e alle associazioni che hanno a che fare con problemi di razzismo.

Un esempio è il Progetto Radar, che si sta occupando di fare un’analisi delle diverse forme della comunicazione (verbale, non verbale, paraverbale) per elaborare buone pratiche, raccomandazioni e strumenti tangibili per contrastare l’hate speech. L’idea di fondo del progetto è che il mancato riconoscimento dei crimini d’odio a sfondo razziale sia una violazione dei diritti umani fondamentali.

Il progetto BRICkS – against hate speech, attualmente in corso, lavora sia con i produttori di informazione sia con i loro fruitori: in particolare si occuperà di educazione per promuovere un approccio critico all’uso dei media, per costruire il rispetto su internet combattendo i discorsi d’odio.

Uno degli scopi del Convegno è stato quello di individuare delle buone pratiche per contrastare l‘hate speech. Alcune proposte che sono emerse:

  • armonizzare le definizioni di hate speech a livello europeo, oltre che uniformare il diritto in proposito
  • introdurre in Italia un nuovo tipo di segnalazione, già possibile in altri Paesi: quella fatta da parte di anonimi o da parte di terzi
  • aumentare e migliorare il lavoro con le vittime di hate speech
  • formare sul tema le Forze dell’Ordine

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