Ciao! Mi chiamo Thierno, ho 24 anni e vengo dal Senegal.
Precisamente sono originario della Casamance, dove nascono e crescono i senegalesi più forti…
E’ la regione più a sud, quella che tutti dicono essere la più bella del Paese.
Per me invece non è così: sono nato lì ma non penso che sia la zona più bella, perchè lì non c’è la pace e c’è la continua minaccia dei ribelli. Ci sono le mine antiuomo nella foresta, ho visto tre ragazzi rimanere feriti.
Abitavo con mia mamma in un villaggio e la mia famiglia viveva allevando vacche. Grazie a questo, potevamo mandare mio fratello maggiore e mia sorella minore a scuola a Dakar.
Nella Casamance i ribelli non ti lasciano in pace. Lottano contro il governo centrale ma se la prendono con i civili… Se possiedi della terra o degli animali, te li requisiscono per sfamarsi. Se invece sei giovane e forte ti obbligano ad arruolarti nelle loro bande.
Così un giorno sono venuti a cercarmi per arruolarmi. Ne ho parlato con la mia famiglia e abbiamo deciso che la soluzione migliore era fuggire in Costa d’Avorio. Mia madre mi ha abbracciato e mi ha dato tutti i risparmi, 50.000 Franchi CFA (76 euro).
Con quelli sono partito, ma in Costa d’Avorio non ci sono mai arrivato. In viaggio ho incontrato dei gambiani che mi hanno parlato della Libia, posto in cui si poteva fare fortuna. Ho pensato che in Libia avrei potuto fare soldi facili e inviarli alla mia famiglia per sostenere l’istruzione dei miei fratelli.
Ma la Libia ha molti più problemi della Casamance. Una volta lì ho capito subito che la situazione non era come mi aspettavo e ho deciso di ritornare sui miei passi. Ma questo non mi è stato possibile: una volta entrato in Libia, “si tu es noir”, non puoi più tornare indietro. L’unica soluzione era lavorare, mettere da parte il denaro necessario e imbarcarmi per l’Italia.
Vivevo in una grande casa con altri 300 africani, era di proprietà di un libico. Un giorno è arrivata la polizia. Fortunatamente, io ero appena uscito per andare al lavoro. Gli altri sono stati portati in prigione…scommetto che sono ancora dentro! Lì ho capito di avere con me “le bon Dieu et la bonne chance”, allora ho deciso di imbarcarmi.
Appena ho visto l’imbarcazione ho pensato: “Questa non è una buona barca!”. Eravamo 115 e il viaggio è durato 4 giorni. Avevamo solo acqua, perché il nostro cibo (biscotti) si è presto bagnato con l’acqua salata.
Fortunatamente sono arrivato salvo in Italia, un luogo più bello di quanto potessi immaginare: qui c’è la pace, la libertà, la sicurezza, non ho ancora incontrato persone cattive. Vedo qui il mio futuro.
Per saperne di più sul Senegal e la Casamance:
http://fondazioni4africa.pbworks.com/f/La+situazione+politica+della+Casamance.pdf
http://www.amnesty.org/en/library/info/AFR49/002/2014/en
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