Si fa spesso confusione tra “richiedente asilo” e “rifugiato”. Il primo è colui che, costretto alla fuga dal proprio Paese, presenta ad un altro Stato una domanda di protezione internazionale. Solo dopo l’accoglimento di questa richiesta, da parte delle autorità, la sua posizione cambierà in quella di rifugiato.
La definizione esatta di rifugiato deriva dalla Convenzione di Ginevra, il documento delle Nazioni Unite presentato all’Assemblea Generale nel 1951 e attualmente sottoscritto da 144 Paesi: “Colui che per fondato timore di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinione politica, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza, e non può oppure, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese”.
È stata proprio l’Italia ad aprire la strada con l’articolo 10 della Costituzione (1948): “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.”
Questi sono i richiedenti asilo e i rifugiati secondo le norme italiane e internazionali, ma quali sono le “definizioni non ufficiali“, quelle che si formano nella nostra mente quando sentiamo parlare di questo tema?
Sulla traccia della campagna dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni #migrationmeans, Cambalache ha deciso di lanciare una riflessione aperta su cosa significa “richiedente asilo” per ognuno di noi.
Chi volesse inviare la sua riflessione, può farlo scrivendo a chiaralibener90@gmail.com
Ecco qui sotto alcune definizioni che abbiamo raccolto.
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